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Michele Sorice e Caterina Acunzo, le gambe e il cuore di “Acunzo” |
Quanti panzarotti avrò mangiato fino alla scuola media alla Friggitoria Vomero? Non so contarli. Infiniti. Erano deliziosi un tempo. Alla cassa c’è sempre stata una signora di poche parole: Renata. Con 1000 lire portavo a casa un sacchettino pieno a metà di crocchettine di patate e paste cresciute. Guardavo sempre con interesse il friggitore raccogliere con le mani messe a cucchiaio la pastella e tuffarli nell’olio e poi scolarli su un contenitore di alluminio. Ma il momento più felice era quando “tic, tic, tic” sentivo la pinza battere sul vassoio mentre al bancone contavano i pezzi che andavano nel mio sacchetto. Speravo di sentire quel tic tic per sempre. La bustina ovviamente a casa non arrivava mai, ma i miei lo avevano già messo nel conto quando mi avevano al mattino dato i soldi necessari. La Friggitoria era di strada per tornare a casa, o rientrava nel percorso comunque e quindi credo avessi una paghetta speciale per quello.
Non so se è vero che alcune cose del passato hanno un sapore amplificato e reso migliore dal ricordo, ma per certo so che quel sacchetto era una delle cose che più amavo. Ricordo il gusto della patata (si patata!) e quello del prezzemolo tritato. E la faccia della singnora Renata che mi guardava di sopra seria. Arrivavo a mala pena all’altezza della cassa ma avevo una fame di crocchè grande il doppio. Oggi che mi trovo per lavoro a quell’angolo che ascolto i racconti di Caterina, sua nipote, sulla loro storia di ristoratori, sulla Pizzeria Acunzo, penso a come sono strani i percorsi della vita. Non avrei mai pensato di trovarmi davanti a lei con un taccuino e una macchina fotografica. Mai avrei pensato di iniziare il racconto con il collega Luciano Pignataro delle migliori e più antiche pizzerie della città di Napoli, e quindi, del Mondo. Ma è esattamente quello che farò da oggi. Buona lettura.
La Pizzeria Acunzo del Vomero
questo articolo è stato scritto per Luciano Pignataro Wine Blog
Un’accoglienza familiare e una proposta di pizze variate e piatti della tradizione napoletana creati attraverso l’elaborazione di una materia prima scelta con accuratezza tra quella offerta dai fornitori di una vita.
Sono questi i punti di forza della Pizzeria Trattoria Acunzo di Via Cimarosa. Il locale, nato come ristorante nel 1964, è uno di quei posti che chiunque sia del Vomero, o semplicemente napoletano, non può non conoscere.
Collegata storicamente a esso, la Friggitoria Vomero, incrollabile punto fermo dello street food del ricco quartiere collinare nato sul finire dell’Ottocento e cresciuto a dismisura a partire dagli anni Cinquanta.
In questo locale all’angolo tra via Kerbaker e Via Cimarosa, a un passo da Piazza Fuga, dal 1938 si vendono al pezzo crocchettine di patate (panzarotti), paste cresciute, melanzane e fiori di zucca in pastella e “scagliuozzi” (triangoli di polenta fritta). A crearla espressamente per Felice, uno dei suoi sei figli, la signora Filomena.
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La “mitica” Friggitoria Vomero, della famiglia Acunzo |
Me ne racconta la storia, la nipote Caterina Acunzo, dal 1971, con il marito Michele Sorice anima di “Acunzo”.Scomparso prematuramente il fratello Felice, Raffaele, suo padre, avviò la sua conduzione del locale nato nel 1964 aggiungendoci la pizzeria un paio di anni dopo. Alla sua morte ne hanno prese le redini i figli: Felice(che circa dieci anni fa ha creato il suo “Acunzo” a Via Aniello Falcone), Patrizio (che affiancato dai suoi assistenti è il pizzaiolo del locale), Antonio (alla guida della Friggitoria di famiglia) e Caterina, appunto, che in pizzeria si occupa dei rapporti con i fornitori e sta alla cassa dividendosi l’accoglienza dei clienti con il marito.
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La Pulcinella di Acunzo: ripiena con i mezzanelli |
Da un quarantennio, vox populi, la pizza di Acunzo passa per essere una delle migliori della città. Di certo è, con quella della Pizzeria Gorizia, nata nel 1916, tra le più antiche del quartiere.
Il locale è noto per rappresentare lo stile di pizza della borghesia in contrapposizione con quella popolare del centro storico dove, di fatto, è nata: più piccola (e non “a ruota di carretto”), con un cornicione ben demarcato e soffice; e piuttosto compatta e croccante. La lievitazione lenta dell’impasto per oltre 12 ore, è uno dei punti di forza di questo locale che è stato tra i primi ad affiancare alle pizze della tradizione alcune creazioni più innovative, frutto della ibridazione della pizza con i contorni di verdure della cucina di casa napoletana (friarielli, peperoni) e che ha saputo guadagnarsi per questo motivo l’apprezzamento dei vomeresi.
Generazioni di clienti hanno seduto ai suoi tavoli accolte sempre con immutabile gentilezza e professionalità.
Michele Sorice, affettuosamente definito da Caterina “l’unico uomo al mondo che ha preso il cognome della moglie” ha dedicato tutta la sua vita alla cura di questi aspetti. Lo ha fatto con la competenza e passione che gli è venuta da esperienze precedenti nel settore e dal successo riscosso nella sua gestione, con il socio Toni Attolino (ex proprietario di D’Angelo a Via Aniello Falcone) di un locale in gran voga a Ischia negli anni Sessanta: “Il Pignatiello”.
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La Margherita di Acunzo: soffice e compatto impasto |
Quando tra gli altri pizzaioli, all’epoca, si diffuse la voce che la famiglia Acunzo metteva “le ‘schifezze’ sulla pizza”, raccontano, nessuno avrebbe pensato al successo di pizze diventate nuovi classici, come la pizza Salsiccia e friarielli o della “Pulcinella”. Quest’ultima, insieme a quella con i Fusilli e con la pasta e fagioli, è una sorta di omaggio della famiglia Acunzo alla maschera cittadina magnamaccheroni per eccellenza: un ripieno con mezzanelli conditi al ragù bolognese, uova sode, funghi trifolati, ricotta e fiordilatte. In sostanza “Primo, secondo e contorno in una sola pizza” racconta Michele Sorice.
Affianca l’offerta di pizze in continuo movimento la cucina del ristorante sostanzialmente e piacevolmente immobile con l’eccezione della rotazione necessaria dei piatti dovuta alle stagioni. L’antipasto che precede l’uscita delle pizze è affidato alla immancabile frittura all’italiana e ai “Crocchè” con i quali, neanche a dirlo, gli Acunzo, hanno la mano d’oro.
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Acunzo: l’ingresso a Via Cimarosa 60 |
Non manca una ricca scelta di contorni che stanno in bella mostra nella vetrina condizionata che dà sulla strada.
E se proprio non si ha voglia della pizza con circa 25 euro si mangia alla carta dall’antipasto al dolce. Tutti piatti classici: tra primi, dagli Spaghetti a vongole allo Scarpariello; tra i secondi dai Polpi in cassuola alla Scaloppina. Pochi euro per la Parmigiana di melanzane, i Friarielli, le Zucchine alla scapece, i Peperoni in insalata, i Peperoncini verdi fritti e cosi’ via.
Per vino e birra la scelta è limitata, senza pretese, affidata a marchi nazionali e a un paio di aziende vitinicole tra le più note.
Pizzeria Ristorante Acunzo
Vomero, via Cimarosa 60/62
www.pizzeriaristoranteacunzo.com
Tel.081.5785362
Chiuso: domenica