Monicotterate - Lacryma Christi: due impressioni postume

foto Novella Talamo

Anche quest’anno ho partecipato al Concorso Amodio Pesce di Vesuvinum come degustatrice. La manifestazione – andata in scena al Castello Mediceo di Ottaviano con la sua IV edizione – si è svolta poi da giovedì 8 a domenica 11 settembre. Sono stati assegnati i Premio Amodio Pesce ai Lacryma Christi selezionati degustati alla cieca tra 63 Lacryma Christi del Vesuvio DOC di 30 aziende, di cui 24 bianchi, 19 rossi d’annata, 9 rosati e 11 di annate precedenti. Ai lavori di selezione hanno preso parte con me Marina Alaimo, Ugo Baldassarre, Pasquale Carlo, Alberto Capasso e Sara Marte, e gli enologi Prisco Apicella, Giancarlo Berti, Ernesto Buono, Michele D’Argenio, Roberto Di Meo, Raffaele Inglese e Francesco Martusciello. La degustazione è stata coordinata dal giornalista Luciano Pignataro e dal segretario Sergio Romano supportato da Antonio Pesce, Ciro Esposito e Lodovico Pagano.

Il servizio di sala e la preparazione dei campioni è stata curata da Giuseppe Aliberti. L’evento è stato organizzato e promosso dall’Associazione Strada del Vino Vesuvio e dei Prodotti Tipici Vesuviani presieduta da Michele Romano, e dal Consorzio Tutela Vini Vesuvio in collaborazione con Luciano Pignataro WineBlog.

Questi i vincitori del Concorso (annunciati su www.lucianopignataro.it):
Lacryma Christi Bianco: De Falco Vini, Lacryma Christi Bianco 2010

Lacryma Christi Rosato: Azienda Vinicola Sannino, Lacryma Christi Rosato 2010

Lacryma Christi Rosso: Michele Romano Vini, Lacryma Christi Rosso 2010 linea “Gemma”

Lacryma Christi “da invecchiamento”: Vigna Pironti, Lacryma Christi Rosso 2007 “Carpino”.

Le mie impressioni, a bottiglie coperte (e anche postume : )): cresce ancora il livello dei vini in gara, indice di un miglioramento qualitativo generalizzato. Ho trovato molto convincenti i bianchi, tutti interessanti per freschezza e tipicità; meno convincenti i rossi nei quali ho osservato una variabilità notevole a causa della più o meno marcata sottolineatura del Piedirosso, con un’espressione più rustica, piuttosto che dell’Aglianico. Sembra che non ci sia fusione tra queste anime, che a volte lottano nel bicchiere. Presi nell’insieme i campioni non entusiasmano, non emerge un’identità e riconoscibilità complessiva anche se i vini sono corretti e, per lo più, piacevoli. Decisamente meglio i rosati, presentati in un numero ridotto di campioni. Peccato: chissà che il Vesuvio non possa farsi deciso portabandiera di questa tipologia incomprensibilmente sottovalutata e che sembra essere nelle sue corde. La degustazione dei Lacryma più invecchiati, 2006 per lo più, ha reso evidente che i rossi precedentemente degustati dovevano essere decisamente affetti da “giovinezza”. E’ un bel bicchiere, godibile, quello che ha qualche anno in più. Si fa strada l’eleganza e la personalità che mancava ai primi. Infine: se penso alla prima edizione del Concorso, ai campioni con profili olfattivi ancora da ripulire, in alcuni casi, mi rendo conto della strada percorsa. I Lacryma sono bicchieri che stanno bene sulla cucina del napoletano ma possono regalare, ora, spunti davvero stimolanti sulla tavola di tutti i giorni lungo lo Stivale. m.p.