Quando a Napoli chiedete dove si mangia la miglior pizza, saltano fuori pochi nomi, a fronte di un incredile numero di esercizi. Uno di questi è la Pizzeria Sorbillo, locale di Napoli via Tribunali 32 Tutto inizia con Luigi, fondatore e capostipite di una famiglia con 21 figli tutti pizzaioli. Il padre di Gino, che lo affianca in sala, è uno di loro. A ricordare tutti gli zii, i nomi delle pizze, tutte bene o male aderenti alla tradizione e accomunate da una scelta doviziosa della materia prima. Gino, 36 anni, vive un momento particolarmente felice della sua carriera. Fioccano i riconoscimenti al suo lavoro anche per via della passione e della esplosione di entusiasmo che lo contraddistinguono. Incontenibile nella voglia di fare e soprattutto di migliorare e crescere. Quattro anni fa il rinnovo del locale, due piani per un totale di 160 posti nel cuore antico della città, impreziosito dalle opere dei maestri napoletani Riccardo Dalisi e Lello Esposito. Di bello questo ragazzo ha che è tutto occhi e orecchie, sa presentarsi alla stampa, lavora con impegno ma non è sordo ai consigli dei più esperti. Rende il giusto merito agli amici chef, tra cui il patron de La Stanza del Gusto di Napoli, gran creativo e conoscitore di prodotti, che gli passano dritte. E’questo lo scambio virtuoso che alleva i grandi talenti del Sud: non rinnegare l’esperienza ma disporsi con animo sereno all’ascolto. In cambio dare tutto quello che si ha, l’energia, ad esempio. Ma l’umiltà, che in alcuni casi è una scelta di senso, diventa ingrediente fondamentale ed anche quello più raro. Sorbillo, uno deciso come pochi, ne ha a sufficienza.
Ma veniamo all’aspetto ludico: Gino, ha giocato sbraitando all’indirizzo dei rappresentanti della Lega nelle scorse settimane come ha puntualmente raccontato il sito di Luciano Pignataro. Un paio di giorni fa, in visita da lui, gli ha poi proposto la pizza “A Bossi”, ovviamente verde. Ecco come è andata: qui. Invece di portarla a destinazione, se la sono divorata. A me hanno lasciato solo una macchina fotografica per immortalare il gesto e la “I” … ma che “I”, indicibilmente soffice: “I” d’Italia!